Assistenza. L’importanza del servizio sanitario territoriale periferico. Ricominciamo?
Articolo a cura di Bruno Agnetti
Pubblicato su Gazzetta di Parma il 17 Aprile 2020
Questa epidemia (gia’
ampiamente prevista nel 2017) ha colto il nostro sistema sanitario impreparato
per quanto riguarda gli ospedali e il territorio
( screening, monitoraggi, mascherine). Una organizzazione periferica
adeguata avrebbe forse rallentato l’infezione lasciando più tempo per la ricerca
di efficaci strategie terapeutiche. Come Comunità Solidale Parma da anni
proponiamo soluzioni innovative per il territorio (Casa della Salute o Casa del
Quartiere) dirette ad assolvere e ad affrontare le nuove sfide “imposte dalla
globalizzazione”. Abbiamo ribadito come
fosse necessaria una ideazione ed una progettazione che veda dall’inizio coinvolti i diretti
interessati e gli attori dell’assistenza territoriale ( innovazione del
processo decisionale). A Parma c’è un eccellente modello di come possono essere
stabilite alcune ipotesi di disegno progettuale e di come si possano realizzare
(l’Ospedale dei Bambini). Le
problematiche relative all’organizzazione territoriale palesate durante questa
epidemia richiedono un apprendimento veloce che superi tutte le esitazioni passate
al fine di costruire un futuro assistenziale periferico che abbia il maggior senso
possibile. Si è inoltre capito che nessun sistema economico (che vedrà una
profonda innovazione e riconversione) può sopravvivere senza una sanità
pubblica forte e saldamente ancorata al territorio (welfare di comunità-sussidiarietà
circolare-collegio del territorio-partecipazione non dominante delle imprese
generatrici). Questo virus non fa
differenze e colpisce il cittadino semplice,
l’anziano, lo sportivo, il ministro o l’industriale famoso. Non c’è
“buen retiro” che possa proteggere. La
salute di tutti dipende quindi dalla salute di ciascuno, siamo interdipendenti
e solo insieme potremo affrontare i prossimi problemi o altre pandemie o altre
modificazioni globali che condizioneranno il nostro benessere.
Comunità Solidale Parma ha da sempre sostenuto l’importanza di difendere il Servizio Sanitario Pubblico ed in particolare, per suo statuto, la medicina generale territoriale in coerenza con il paradigma assistenziale bio-psico-sociale. Un servizio sanitario territoriale periferico ben organizzato e con locali adeguati puo’ aiutare a far fronte alle emergenza, offrire cure precoci per molti e di conseguenza sostenere anche il sistema produttivo di un quartiere. Pensiamo che la medicina di base sia un bene comune per i cittadini e che medici e sanitari debbano essere protetti affinchè non si ammalino continuando così a sorreggere il sistema territoriale senza rischiare il collasso. Pensiamo a tutte le persone ammalate di patologie croniche non collegate al Covid-19 e che necessitano di controlli periodici a volte essenziali. La salute è quindi considerata un bene comune e deve essere gestita come tale. E’ interesse collettivo che le comunità ( es.: i quartieri con le loro Case della Salute) possano in caso di necessità organizzarsi rapidamente con autonomia anche se poi naturalmente saranno necessari interventi dei presidi di 2 livello e strategie nazionali vincolanti. Arriveranno i farmaci efficaci. Al momento occorre però che la popolazione dimostri ancora senso di responsabilità perché il virus è tutt'ora in circolazione pronto a causare altri guai. Con le cure opportune finirà definitivamente anche il confinamento e potrà riprendere il sistema produttivo foriero a sua volta di benessere perché anche la salute richiede una società attiva. Le relazioni sociali hanno già iniziato a mutare. Sono diventate essenziali. Piano piano comprendiamo come il valore sia dato dai rapporti con gli altri e con il territorio. Ci sono naturalmente altri beni comuni interconnessi ed interdipendenti come l’ambiente, l’istruzione, la cultura, la biodiversità. La lezione di resilienza imposta da questa pandemia ci ha liberati, nell'immediato, dalla cultura consumistica del “voglio tutto e subito”. Il mondo è improvvisamente apparso come limitato e fragile non più gigantesco ed infinito. Il virus inoltre lascia purtroppo tracce profonde che resteranno per tutta la nostra vita ( disoccupazione, fallimenti, decessi in solitudine, sofferenze e difficoltà nel poter curare tutti). Usciti dall'emergenza non potremo accontentarci di posizioni marginali o burocratiche che pensino di aggiustare nell'invarianza il nostro sistema sanitario territoriale in attesa della prossima pandemia ( che ci sarà!) o della prossima catastrofe o del prossimo disastro. Senza un sistema territoriale efficace in grado di prendersi cura non può esserci salute e benessere collettivo ( ed economia). Da questo punto di vista la ripresa deve essere adeguatamente progettata, comunicata e sperimentata (democrazia deliberativa). L’integrazione socio-sanitaria, riconosciuta come bene comune, nelle sue strutture periferiche può così svolgere nel periodo della ripresa un importante ruolo di riferimento per una comunità e quindi offrire un importante strumento di ammortizzatore sociale. Già ora si prevedono tensioni, agitazioni, rancore ed insofferenza causate dal possibile incremento delle disuguaglianze e dei fenomeni di impoverimento. Una Struttura Sanitaria di quartiere ( es.: una casa della salute innovativa nel processo decisionale e nel suo sistema gestionale interno autonomo) può rappresentare una risposta valida e convincente alle nuove istanze e ai nuovi bisogni di protezione delle fasce più deboli e periferiche della società alle prese con le conseguenze della globalizzazione e delle trasformazioni radicali dell’ordine strutturale sociale. Da qualche anno Comunità Solidale Parma promuove la realizzazione di una struttura complessa di riferimento sanitario ( Casa della Salute Grande) per un quartiere come quello di San Leonardo. Questo territorio contiene al suo interno tanti servizi per l’intera città. Conta, nel suo complesso 30.000 abitanti. Tutto ciò che avviene nel villaggio globale può portare nodi che vengono al pettine anche nelle nostre “sconosciute” periferie del “mondo piccolo” in quanto i nostri territori sono anch’essi costantemente interconnessi con tutto ciò che accade nel mondo, anche in Cina! E’ quindi opportuno un cambio sostanziale di paradigma e di processo decisionale in campo sanitario territoriale per poter affrontare con forza e comunanza le sfide del presente e del futuro con visioni alte e lungimiranti per il bene comune. La speranza non è utopia ma è creatività, intelligenza politica e pura passione civile che agisce per vincere la paralizzante apatia ( invarianza e inazione) dell’esistente.
Comunità Solidale Parma
Il potenziamento delle Cure Primarie in tempo di Covid-19
Articolo a cura di Bruno Agnetti
Pubblicato su Quotidiano Sanità il 17 Marzo 2020
17 MAR - Gentile Direttore,
i posti disponibili di terapia intensiva il Italia sono circa 5.000, di contro in Germania sono 28.000 su 80 milioni di abitanti. Eccoci ora di fronte ad un'altra emergenza sociale e sanitaria. Alcuni studi ipotizzano un utilizzo quasi totale, in periodo di picco Covid-19, di letti di terapia intensiva nel nostro paese. Come ex anestesista-rianimatore mi sento emotivamente immedesimato e profondamente commosso da quanto i colleghi ospedalieri stanno vivendo.
A fronte di tragedie, disastri, epidemie/pandemie pregresse anche la medicina generale ha tentato di studiare strategie orientate al potenziamento del 1° livello assistenziale territoriale al fine di svolgere un effettivo filtro per le strutture di 2° livello e impedire gli intasamenti di questi servizi che vengono indicati in questo momento come la vera emergenza.
Un territorio ben attrezzato e rafforzato con i nuovi giovani mmg, preparatissimi dal punto di vista clinico-diagnostico, già inseriti nelle graduatorie regionali per la medicina generale e per la Continuità Assistenziale, adeguatamente addestrati avrebbe potuto/potrebbe far fronte in tempo reale all’emergenza in affiancamento ai mmg senior per visite a persone sospette di contagio, per eseguire tamponi, per seguire a domicilio i paucisintomatici o i così detti “stabilizzati” dimessi dalle terapie post-intensive, per somministrare eventuali terapie domiciliari innovative o per uso compassionevole pur continuando la quotidianità e l’assistenza territoriale a tutte le altre persone ammalate non di Covid-19.
In cambio di questo importantissimo servizio alla comunità sarebbe però necessario proporre ai giovani medici non solo una valorizzazione adatta ed incrementale della loro attività ma l’assicurazione di una strutturazione, pur sperimentale, dello strumento “affiancamento” e l’ideazione concreta di un sistema di reciprocazione che possa garantire ai giovani medici strutture territoriali adeguate, moderne e funzionali dove i professionisti possano elaborare, in autonomia e indipendenza, progetti assistenziali innovativi e flessibili in grado di rispondere anche a momenti emergenziali.
La pandemia ci impone un cambio di passo e castiga ogni risposta alle nuove esigenze globali (COVID-19 e non COVID-19) attuate con modalità o culture arretrate e protocollari/normative.
In questi giorni abbiamo avuto l’esempio emblematico di come i protocolli e le linee guida si modifichino di giorno in giorno a conferma del principio che il paradigma di riferimento è inevitabilmente bio-psico-sociale e che i macro fenomeni endemici strettamente collegati alla vita degli individui sono in grado di sovvertire algoritmi, protocolli, LG fino a ieri considerate verità immutabili.
La situazione attuale (non solo della Lombardia che per altro rappresenta un servizio di 2° livello eccellente) è una rappresentazione di quello che significa non essere stati in grado di riformare le cure primarie partendo da pilastri fondamentali validi per un paese come l’Italia.
Inoltre appare ora come sia stato dissennato ed insidioso il percorso che ha portato a chiudere un'infinità di ospedali della variegata periferia italiana per trasformare il servizio sanitario in qualcosa che avesse efficienza manageriale ed ottimizzazione ma che poi alla fine ha voluto a tutti i costi semplificare in un pensiero unico la complessità della vita reale.
Le tematiche e le argomentazioni relative ai piccoli ospedali sono applicabili e completamente sovrapponibili alla medicina generale. Gli obiettivi aziendali sono ogni anno raggiunti ma qualunque forma di governo o gestione piramidale, lontano dalla realtà, dai bisogni e dai professionisti potrà certo imporre programmi o obiettivi ma non riuscirà mai a comporre (cum ponere) progetti solidi e trasmissibili.
La relazione stretta tra professionisti e assistiti, esaltata da questa crisi, genera spontaneamente comportamenti collaborativi istintivi e responsabili, trova soluzioni efficaci, recupera la “calma” necessaria tra persone che si riconoscono e rispettano ciascuno con le proprie specifiche funzioni, doveri e diritti.
Quanta pietà scorre nelle vene dei professionisti e dei parenti quando, per ragioni di sicurezza, non c’è più la possibilità di visitare i propri cari ricoverati nemmeno in caso di dipartenza. Ora abbiamo bisogno di senso.
Certe calamità superano gli individui e governanti. Il clamore finirà. La società civile saprà allora imporre un nuovo welfare sanitario che ponga il bene comune come valore superiore?
Bruno Agnetti
CSPS (Centro Studi Programmazione Sanitaria)
FISMU (Federazione Italiana Sindacale dei Medici Uniti )
Regione Emilia-Romagna
17 marzo 2020
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L’invarianza e l’inazione in Medicina generale
Articolo a cura di Bruno Agnetti
Pubblicato su Quotidiano Sanità il 16 Dicembre 2019
16 DIC - Gentile
Direttore,
ogni essere vivente ha la tendenza bio-psico-sociale a perseguire
una “certa” stabilità che tende ad autoregolarsi in favore
della sopravvivenza. Lo stato di equilibrio però non viene mantenuto nemmeno
per un secondo. Si ricrea quindi un nuovo disordine (entropia) che poi ricerca
immediatamente un’ altra sua staticità. E così via per tutta la
vita. Ogni cellula svolge questa continua “vibrazione” tra catabolismo e
anabolismo, rinnovandosi continuamente: non è più quella di qualche secondo
prima e non è ancora quella che sarà dopo. Ora è un’alta cosa.
Comparando l’aspetto biologico a quello organizzativo della medicina generale
secondo il paradigma bio-psico-sociale l’interno di questa complessità
bio-psico-sociale, pur dinamica, fenomeni come l’invarianza e l’inazione
accelerano squilibri e minano l’autoregolazione. Se, ad esempio, stili
organizzativi e gestionali non adeguati persistono per numerosi decenni si
possono generare, con molta più celerità di quanto stabilito dalla fisiologia,
rigidità, riduzione di elasticità, indurimenti tissutali che possono diventare
così diffuse da configurare un “regime” patologico generalizzato.
Purtroppo quando il microcircolo periferico (es.: assistenza primaria) viene pesantemente colpito si determina un punto di non ritorno. In ambito psico-sociale differenziazioni e squilibri imposti e mantenuti costantemente in modo unilaterale generano al fine conflitti e rancori tra coloro che considerano di subire iniquità. Le cure primarie sono essenziali così come è ormai “rescue” una immediata riforma del SSN al fine di correggere criticità pluridecennali.
Karl Popper sosteneva che nessuna organizzazione istituzionale può modificare sostanzialmente un uomo. Sono le persone e i professionisti che danno origine, sostengono e migliorano una organizzazione. Istituzioni con “clima” o “stili di vita” non adeguati possono però alla fine frustrare tutti gli sforzi di un buon professionista.
La riforma, innovazioni, sperimentazioni, adeguate remunerazioni e potere d’acquisto, autonomia del processo decisionale affidato ai mmg, equità tra colleghi non sono più surrogabili con demagogie o slogan o incremento di compiti. Il modello di riordino delle cure primarie definito welfare di comunità ritiene lo storico “welfare state” agonizzante e considera possibile un patto di reciprocazione con le imprese generative al fine di mantenere una medicina di base innovativa, universale, gratuita, di libero accesso, meno costosa pur in un disegno di “convenzionamento” per la specialistica imprenditoriale accreditata (per altro modalità molto diffusa) ma che assicuri coerenza, cooperazione, condivisine dei processi decisionale anche tariffari con le esigenze assistenziali dei professionisti e degli assistiti.
L’ipotesi di una tale innovazione gestionale ed organizzativa non è però stata considerata urgente così ha prevalso l’invarianza e l’inazione nonostante vi siano regioni con alti rapporti tra abitanti e convenzionamenti privati. Altro plastico esempio (tra i tanti possibili) di mancanza di visioni innovative ma anche di clima di ostilità da parte della medicina amministrata, protocollare e algoritmica nei confronti dei mmg è rappresentato da quanto riportato nell’articolo 26 dell’ACN sulla Formazione Continua tutt’ora in discussione. Il testo insiste con assillo quasi molesto su una formazione eterodiretta, impositiva, punitiva oltre modo, completamente anacronistica e staccata dalle recenti evidenze e appropriatezze relative all’apprendimento dei professionisti adulti.
La presunzione è quella di definire cosa debba essere una formazione qualificante la professione quando invece è il singolo mmg (tutt’ora considerato dal fisco libero professionista) che è imprenditore di se stesso ed in concorrenza anche formativa con gli altri colleghi per offrire un prodotto di qualità o di rottura. Come tutti gli studiosi sanno molto bene l’apprendimento degli adulti è un processo complesso come è multiforme tutta l’attività di frontiera del mmg. Un articolato che pretende di normare con direttive semplici e soprattutto penalizzanti questo argomento evidenza solo animosità nei confronti della professione.
Non si può prescindere dal fatto che la formazione (cambiamento) del mmg è quotidiana e strettamente collegabile all’esperienza (medicina basata sull’esperienza) più volte modellata, rinforzata o eventualmente estinta nella stessa giornata di lavoro (8:00-20:00).
Si deve poi aggiungere il ruolo di responsabilità svolto dal professionista nella comunità dei pari e degli assistiti dove ricerca la condivisione dei significati e manifesta testimonianza.
Tutto ciò arricchisce continuamente l’apprendimento e la formazione grazie alle esperienze accumulate e condivise dal gruppo o dal team (briefing) che orientano verso soluzioni che nella medicina generale, nelle associazioni e nelle comunità non sono mai verità immutabili o definitive ma processi circolari. Il valore professionale del mmg è di grande peso perché non c’è apprendimento senza azione ne azione senza apprendimento.
I mmg senior attualmente operativi possiedono una risorsa o un patrimonio unico rappresentato dall’esperienza e dal contatto quotidiano con la realtà (rappresentata dagli assistiti, dai colleghi e dalle Istituzioni) che a sua volta crea inevitabilmente l’esigenza di sapere, di apprendere, di comprendere la realtà che li circonda non tanto per raggiungere scopi od obiettivi aziendali ma per appagare le proprie motivazioni profonde di professionisti responsabili della propria impresa e punto di riferimento per la comunità (Maslow).
Bruno Agnetti
CSPS (Centro Studi Programmazione Sanitaria)
FISMU (Federazione Italiana Sindacale dei Medici Uniti )
Regione Emilia-Romagna
16 Dicembre 2019
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