07 FEB – Gentile Direttore,
i recenti interventi sul tema della “riduzione” a dipendenza del mmg hanno permesso di leggere argomentazioni a favore ed elementi di criticità molto interessanti. Sono numerosi i portatori di interessi (stakeolders) che insistono sulla questione: i mmg, le aziende, le imprese (con i loro welfare aziendali che risultano essere più benefit consumistici come l’auto o il telefonino che veri processi di salute), le agenzie, le regioni, il Ministero, l’Enpam, i sindacati, la Fnomceo… Rimane poco analizzato invece il punto di vista dei cittadini/assistititi pur frequentemente citati come “centrali” nelle numerose dichiarazioni di intenti (convitati invisibili).
Ci sono in discussione la proposta di riforma/disegno di legge di Foza Italia e il Documento di Riforma/Atto di indirizzo del Ministero della Salute fortemente sostenuto dalle Regioni. Constatato che l’egemonia della Conferenza Stato-Regioni dura da numerose decadi si potrebbe profetizzare che molto difficilmente si verificheranno modifiche sostanziali allo stesso atto di indirizzo.
E’ singolare inoltre che le elaborazioni vedano la luce, quasi in contemporanea, nell’ambito della maggioranza parlamentare e di governo. L’opposizione, fortemente impegnata ad indicare la sanità come una priorità, non è stata in grado di formulare una proposta concorrenziale o alternativa. Verosimilmente perché prigioniera delle numerose controriforme emanate nel lungo periodo dove si è trovata a gestire il SSN? Vi sono altresì posizioni contradditorie e imbarazzanti a sostegno (di rendite di posizione) o in contrapposizione (culturali, professionali ma anche ideologiche o inerziali).
Il dibattito pare non consegnare però nulla di veramente nuovo. Se il Documento di Riforma/Atto di indirizzo dovesse in qualche modo arrivare in Parlamento verrebbe comunque approvato e probabilmente applicato. La legge/riforma Balduzzi (2012) è stata approvata dal Parlamento, poi non è stata applicata ma nemmeno abrogata.
L’importanza del tema potrebbe quindi suggerire un ulteriore approfondimento o meglio un patto trasversale e bipartisan per non rischiare bizzarre antinomie o rigide intransigenze avulse dal paradigma culturale fondamentale che, per la nostra epoca, è quello della complessità.
Attenendosi al metodo aristotelico è opportuno prendere visione di quanto la letteratura esistente mette a disposizione degli studiosi sul tema in questione. Non esistono moltissime ricerche o approfondimenti:
- Criteri valoriali Wonca per la medicina generale territoriale;
- la Quarta Riforma (I. Cavicchi) in particolare nel cap. 15;
- Medici vs Cittadini un conflitto da risolvere (I. Cavicchi) in particolare nel cap. 7
- La scienza impareggiabile (I. Cavicchi);
- Salviamo la sanità ( I. Cavicchi);
- Nuovo patto-contratto tra medici professionisti della sanità territoriale e il SSN: un tentativo innovativo di comporre un ACN per le cure primarie subito dopo la promulgazione della legge Balduzzi, reperibile sul web;
- L’integrazione multiprofessionale e multidisciplinare vs epidemia della cronicità reperibile su youtube.
Il questionario somministrato agli assistiti di una medicina di gruppo (QS 4 marzo 2024) permette al nostro Centro Studi di contribuire allo scambio di pareri in atto (dipendenza o non dipendenza dei medici di fiducia) esponendo il pensiero degli assistiti/cittadini.
Gli abitanti delle piccole comunità considerano il medico di fiducia il depositario di una dottrina altamente complessa che nella quotidianità assistenziale segue metodologie raffinate (connesse con l’etica, la cultura e la competenza professionale). Il paradigma della complessità implica, anche nell’assistenza territoriale, un adeguato collegamento con il contesto sociale. L’introduzione di rigide variazioni logistiche, tabelle orarie, regole amministrative e cultura governamentale potrebbe risultare altamente inadeguata all’archetipo di riferimento.
La dipendenza crea inoltre una “piena disponibilità” di un esercito di professionisti che verrebbe affidato a generali che hanno già gestito la stagione delle controriforme dando prova di una cultura della complessità miserrima. Infatti la concezione neoliberista ed economicistica, imperante nelle alte dirigenze, ha portato l’assistenza territoriale al livello critico in cui si trova ora.
Il mito dell’ “oggettivazione” aziendale analizza la pratica dell’assistenza realizzata dai mmg nei confronti dei loro assistiti in modo strettamente quantitativo, matematizzato, economicizzato. Quindi frantumato. E’ inevitabile che una cultura così parziale e “chiusa” diventi anche isolata e causi un impoverimento delle conoscenze e delle capacità creative (per la soluzione dei problemi). L’esperienza dimostra che più il clima intellettuale immiserisce più emerge il fenomeno della manipolazione e della scarsa trasparenza: le alte dirigenze sono portate a concentrarsi sulla regolarità, sulla monotonia, sulla staticità, sulla semplificazione tralasciando completamente l’evento singolo che potrebbe avere invece un ruolo molto rilevante.
Le persone, soprattutto i pazienti difficili o esigenti, non sono mai spazi ordinati ma rappresentano una continua interazione tra ordine e disordine, catabolismo ed anabolismo, entropia ed entalpia, piena vita e terminalità.
Le conoscenze, quindi, non possono essere sminuzzate. L’organizzazione assistenziale territoriale richiede molta autonomia e ampi spazi di relazione per esercitare quotidianamente una visione complessa.
E’ forse mancato un produttivo dialogo ex-ante. Se ci fosse stato un fruttuoso scambio di idee i testi si sarebbero nutriti di fertili logiche diversificate. Sarebbe stato condiviso ed accettato che, proprio a livello territoriale, un processo non possa mai essere considerato risolto una volta per tutte. Probabilmente una certa rigidità avrebbe lasciato spazio a numerose sperimentazioni per le comunità locali di quartiere in grado di creare sistemi auto-organizzati ed autoregolati.
La complessità infatti valorizza l’incertezza della conoscenza ma crea, paradossalmente, un progresso innovativo che porta all’optimum e non al maximum utilitaristico (R. Panikkar 2009). Più c’è autonomia, più si favorisce la relazione e la consapevolezza dei limiti tanto che si potrebbe essere spinti ad elaborare approcci innovativi condivisi per affrontare insieme alle comunità le problematiche quotidiane (es.: appropriatezza comportamentale e prescrittiva).
Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV07 febbraio 2025
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