Negli ambulatori arriva il facilitatore: un aiuto in più
L’associazione di volontariato «Comunità Solidale Parma» (iscritta al Runts, Registro unitario nazionale del terzo settore) ha da tempo attivato l’iniziativa del «facilitatore» introdotto all’interno dell’ambulatorio San Moderanno di via Trieste 108/A, inserito nel progetto «Non più soli» promosso dalla rete Parmawelfare e organizzato in collaborazione con il Punto di comunità San Leonardo.
Il facilitatore accoglie e aiuta le persone che si recano in ambulatorio ad entrare in contatto, nel più breve tempo possibile, con le segreterie o con l’infermiera e si preoccupa di fare in modo che nessuna persona che entri in ambulatorio si senta ignorato nel momento dell’attesa nell’area apposita determinata dalle note normative contro l’epidemia.
Dal mese di novembre di quest'anno è iniziata una nuova funzione di «formazione» dedicata a volontari che desiderano apprendere le modalità operative pratiche del ruolo di «facilitatore di sala d’aspetto di un ambulatorio» al fine di preparare altre persone volontarie in grado di dare supporto alle prossime erigende Case della comunità o Case della salute esistenti o Medicine di gruppo già operative.
Dal mese di novembre quindi nuove volontarie/i vengono affiancati alle facilitatrici già esperte dell’Ambulatorio San Moderanno, coordinate delle segretarie dell’Ambulatorio e sotto la responsabilità dei medici della medicina di gruppo affinché possano diventare competenti nell’attività di facilitatrici/facilitatori.
Tali figure si occupano di instaurare subito una relazione con la persona che entra in ambulatorio, permettono alle segretarie di dedicarsi con più tranquillità alle attività prettamente amministrative (telefono, computer, mail, wapp, videochiamate, messaggi vocali ecc.) Anche l’infermiera potrà così occuparsi delle attività sanitarie in quanto il volontario facilitatore sarà in grado di comunicare in tempo reale informazioni utili ai pazienti (ad esempio, ricette già redatte oppure richieste di prescrizioni, orario e giorni dedicati alle vaccinazioni antiinfluenzali; momento più adatto per accedere alle prenotazioni Cup o agli esami ematici; varie informative specifiche).
Il bacino di utenza dell’ambulatorio si aggira attualmente intorno ai 12.000 assistiti (il quartiere che nel suo complesso può contare 30.000 abitanti). L’afflusso di pazienti nelle 12 ore di apertura è continuo. L’obiettivo dell’associazione di volontariato Comunità solidale Parma, soprattutto in situazione pandemica tutt’ora presente, è quello di permettere alla medicina di gruppo San Moderanno di organizzare il servizio alla popolazione in modo efficace, accogliente e sereno nella speranza che si possa così accrescere il gradimento degli assistiti. Una delle missioni statutarie dell’organizzazione di volontariato Comunità solidale Parma è quello di considerare la medicina generale territoriale come un bene comune da appoggiare e sostenere a vantaggio di tutto il quartiere San Leonardo e il territorio a nord della ferrovia.
L’obbiettivo dell’azione «Non- piùsoli» è quello di trovare modalità innovative per supportare i cittadini ed in particolare quelli che si trovano in una situazione di fragilità.
Il periodo Covid ha più volte evidenziato come le relazioni tra servizi sanitari oberati di mansioni e gli assistiti possono creare incomprensioni che potrebbero sfociare anche in veri conflitti. In questo senso l’attività del facilitatore o della facilitatrice può svolgere un ruolo molto importante nel promuovere la comprensione reciproca e comportamenti più adattivi e gratificanti in quanto i volontari possono intervenire per risolvere i piccoli problemi che si creano quando le attese si prolungano nel tempo o quando i soggetti hanno l’impressione di non essere visti o considerati. Ogni situazione relazionale può fare emergere debolezze o criticità automatiche e inconsapevoli che possono influire negativamente sugli ambienti lavorativi soprattutto quando si opera in strutture di «aiuto» ma la «facilitazione» si propone proprio di essere una nuova forma di aiuto al fine di superare le varie difficoltà ricordate e di sostenere e promuovere la medicina generale (di base) dei nostri quartieri che rappresenta per tutti noi un bene prezioso.
L’attenzione che la volontaria facilitatrice/facilitatore rivolge all’assistito diventa anche un modello positivo di reciprocazione.
Gazzetta di Parma, sabato 26 novembre 2022
Per la sanità serve una riforma “epocale”
Gentile Direttore,
nonostante alcune incertezze palesate nei primi momenti, il nuovo Ministro della Salute potrebbe o dovrebbe avere un solo obiettivo: passare alla storia per aver avuto il coraggio di riformare radicalmente la sanità (“quarta riforma”) polverizzando le “peggiori cose” inventate dai suoi predecessori.
E’ palese che mai e poi mai si sente la necessità di un “meccanico”, come ci ha ricordato pochi giorni fa Cavicchi, qui su QS, e ora o mai più occorre uno statista che si dedichi al SSN pubblico anima e corpo.
Il privato (autonomo o convenzionato o accreditato) è già ben radicato ed organizzato in ogni regione italiana tanto che, paradossalmente, nessuna può definirsi effettivamente tenace sostenitrice della sanità pubblica.
E’ quindi fortemente auspicabile che il Ministro della Salute possa agire autonomamente dalle contingenze politiche ed economiche nell’elaborare un nuovo modello culturale-organizzativo con un orizzonte almeno decennale. Dopo i prossimi 10 anni il contesto sociale muterà di nuovo in modo rilevante e il modello di “riforma” dovrà quindi contenere e prevedere una importante flessibilità per reinventarsi.
Nello specifico le riflessioni rivolte alle cure primarie, al territorio e all’insieme degli attori di quello che viene oggi indicato come ambito delle PHC (Primary Health Care) devono superare un dualismo H-T (Ospedale-Territorio) che concettualmente non ha senso (se non dal punto di vista normativo-contrattuale) perché l’ospedale è comunque inserito in un territorio e il territorio stesso (che anch’esso contiene professionalità, discipline e settori con differenti accordi e regolamentazioni) ha generalmente un ospedale di riferimento.
La situazione (osservata dal punto di vista degli assistiti, del terzo settore e dei professionisti) è effettivamente spaventosa e l’intolleranza sociale è in procinto di esplodere. Negare la realtà sarebbe un atteggiamento suicida.
La via di uscita obbligata è proprio un rifacimento innovativo e drastico che prima di tutto modifichi sostanzialmente i presupposti filosofici, epistemologici e paradigmatici al fine risanare il campo di lavoro dalle infinità di contraddizioni minime, piccole o enormi che hanno caratterizzata la regressione professionale ed assistenziale in questi anni. Il relativismo, il pensiero unico e debole, una errata interpretazione della globalizzazione hanno poi esasperato le criticità.
Le inevitabili incrostazioni create da una abitudine consolidata di “potere” rischia di creare assolutismi autocratici animosi.
Solo imprenditori, capitani di vere aziende, del calibro di Peter Thiel (PayPal, Plantir, Founders Fund, SpaceX, Airbnb, Spotify… ) sono in grado investire in persone intelligenti che sappiano risolvere problemi difficili, anche in ambito medico, cambiando i ruoli dirigenziali ogni 60 giorni per non dare atto all’effetto dell’abituazione e alle sue conseguenze relazionali negative.
Un “Comitato di Salute Pubblica”, sempre auspicato da Cavicchi, appare vitale. Il numero dei componenti di questo collegio dovrebbe essere significativamente contenuto e non dovrebbe avere nessuna attinenza con chi, in questi 40 anni, ha gestito il processo decisionale o sia stato coinvolto nelle scelte sanitarie (burocrazie ministeriali, agenzie, consulenti accademici, alte dirigenze AUSL, assessorati regionali, conferenza stato regioni nella componente sanitaria…). In caso contrario si assisterà alla riproposizione delle solite finte soluzioni di interesse solo amministrativo che affosseranno definitivamente il SSN pubblico (“forfait”).
Nelle ipotizzate riunioni collegiali paritarie devono trovare voce solo persone che sappiano ricercare e costruire, in un tempo definito, una nuova ed intelligente “compossibilità” tra le problematiche economiche e quelle sanitarie. I componenti il comitato devono essere in grado di dare origine ad una reciprocazione pattizia tra servizi sanitari e cittadini all’interno di concetti maturati da tempo nella comunità scientifica che in questi anni si è occupata di organizzazione territoriale sanitaria: “impareggiabilità” della professione, medico “autore”, autonomia di impresa nel processo decisionale e nel governo clinico, abolizione delle AUSL, partecipazione decisionale effettiva delle comunità di cittadini e delle associazioni dedicate ( mission statutaria).
E’ di tutta evidenza che per ottenere una operatività efficace (ma anche estremamente meno costosa dell’organizzazione attuale) le dimensioni territoriali adeguate dovrebbero aggirarsi intorno a parametri di un quartiere cittadino o ad un area extraurbana/rurale corrispondente).
Molti professionisti delle cure primarie hanno sperimentato, in alcune regioni, dal 2005 a tutt’oggi, la progressiva pervasività della medicina amministrata aggravata da un grossolano abuso di algoritmi (per altro sempre più sofisticati) circolari, normative e protocolli orientati ad una enorme raccolta di dati per altro non ancora compresi ed utilizzati disastrosamente dalle tecnocrazie monocratiche per tornaconti sfortunati. Molto presto, entro 10 anni, l’intelligenza artificiale e gli algoritmi saranno in grado addirittura di produrre, automaticamente, ulteriori algoritmi “dopanti” che si adatteranno in modo parassitario ad ogni singolo paziente e ai professionisti.
Tutto ciò comunque non riuscirà a risolvere la problematica della complessità della persona in quanto l’Intelligenza Artificiale è un determinismo meccanico che ripete sempre e comunque schemi pur avanzati ma senza qualità. Non sa darsi un fine ma manifesta solo una funzionalità: non parla, non dice ma soprattutto non spiega. Funziona solamente. Il computer si può accendere o spegnere. Nelle persone l’interruzione della coscienza si chiama morte.
La qualità sta nella cura e nel prendersi cura in quanto la fragilità/vulnerabilità e la reciproca dipendenza è ontologica, unifica tutte le persone rivelando chiaramente la mancanza di sovranità sull’esistenza da parte dell’uomo e ancor di più da parte delle istituzioni meccanicistiche. La complessa relazione di cura è una necessità ineludibile che ci ha accompagna per tutto il tempo della vita essendo viventi “prorogati” di momento in momento.
Gli sviluppi tecnologici attuali e prossimi venturi funzioneranno finchè sono accesi ma non corrispondono a nessun sviluppo scientifico relativo allo spiegare e al conoscere millantando pretese di oggettività nelle relazioni di causalità. L’evoluzione dei sistemi complessi e la fisica quantistica sanciscono la provvisorietà delle teorie scientifiche e riconoscono il carattere problematico della conoscenza.
Recenti documenti come l’ACN, il Metaprogetto, il DM 77, le comunicazioni della Conferenza stato regioni continuano a perseverare in modo diabolico negli errori di comunicazione e nelle determinazioni calate in modo lineare dall’alto a fronte di una realtà assistenziale sempre più complessa.
Una riforma coerente, contestuale e coraggiosa nella considerazione della complessità della cura e del prendersi cura può invece rappresentare per la sanità pubblica un evento pari alla scoperta di un farmaco contro il cancro o ad uno sbarco sulla luna.
Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) FISMU, Emilia Romagna
22 novembre 2022
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