Cure primarie

Quale futuro per le cure primarie? (terza parte e ultima parte)

Articolo a cura di Bruno Agnetti

Pubblicato su Quotidiano Sanità il 20 aprile 2018

Cure primarie

Le Regioni potrebbero
 condividere con i professionisti  azioni   innovative
 anche sperimentali  (in particolare le  Regioni che hanno
firmato il patto per le autonomie). Ecco quali iniziative si potrebbero avviare
come esempio di possibili  moderni 
patti-contratti

20 APR - Le cure primarie territoriali oggi, in Italia,  sono statiche, paludose paralizzate da processi decisionali  in capo a Conferenze Territoriali fortemente autoreferenziali.
 
Altrove obiettivi specifici hanno prodotto discontinuità, cambiamenti ed investimenti, nuovi strumenti organizzativi, risorse non marginali finalizzate all’attività in team multi professionali, multidisciplinari e multisettoriali  connessi con strumenti informatici ma organizzati in modo da prevedere modalità di contatto diretto essenziali per una reale gestione coerente e condivisa dell’assistenza.
 
Da questo punto di vista  è necessario prevedere all’interno del tempo/lavoro dei medici e degli operatori sanitari una quota dedicata all’accesso  e alla condivisione  della  complessità dei dati disponibili  e al confronto diretto in team.
 
Il cambio generazionale prossimamente dirompente, volendo, potrebbe  diventare un ottima  occasione per il rilancio  spontaneo a costo zero del SSN. La competenza professionale  delle nuove generazioni  di medici può garantire una  moderna  qualificazione dell’assistenza in grado di far fronte alle sfide imposte dall’epidemia  della cronicità sia per le  innegabili abilità cliniche  ma anche   per  una corretta   visione  olistica-antropologica  della salute umana.

La paradossale  ipotesi del task-shifting  ossia il trasferimento delle competenze del medico ad altre figure professionali sanitarie confligge rovinosamente con la  preparazione  professionale  delle nuove generazioni  di medici di  medicina  generale formati ai principi di una  disciplina che  praticano quotidianamente  e che conoscono  molto bene  nella  specificità dell’ approccio epidemiologico, clinico e relazionale  (Wonca Europe).

Quando si attiveranno  gli AAIIRR  (Accordi  Integrativi Regionali) e per gli AAIILL (Accordi Integrativi Locali) le istituzioni che nel passato non hanno preso  in considerazione  le criticità   che attualmente  caratterizzano le cure primarie,  riusciranno a  fare un salto di qualità,  dimostrare una discontinuità, prospettare un prodotto di rottura?  C’è ancora tempo per agire su alcuni ambiti in attesa di una adeguata riforma.

A questo scopo le Regioni potrebbero  condividere con i professionisti  azioni   innovative  anche sperimentali  (in particolare le  Regioni che hanno firmato il patto per le autonomie)  ed è possibile, in questa sede,  elencare   solo alcune iniziative come  parziale esempio di possibili  moderni  patti-contratti:
- La legge Balduzzi 2012  rimane  il riferimento più recente in merito all’organizzazione territoriale della medicina generale

- Abolire  il carico burocratico   relativo alle attività domiciliari ADI/Cronicità in congruenza con un governo clinico completamente in carico al territorio e ai professionisti  che operano in team ( UCCP/ Case della Salute/AFT)   

- Valorizzare il ruolo e la funzione  dei mmg   

- Le strutture logistiche fondamentali in grado di realizzare un sinergismo di risorse e di erogazioni complesse  sono le UCCP/Case della salute. L’integrazione in queste strutture dei professionisti mmg  deve prevedere un progetto organizzativo innovativo prodotto dagli stessi  professionisti. L’appartenenza ad una UCCP/Casa della Salute non è obbligatoria.  L’UCCP è parte fondamentale del distretto, è una declinazione aziendale  delle  strutture  organizzative-operative  e richiede, come per i distretti,  norme legislative nazionali  e costi standard

- Le UCCP/Case della Salute in gado di erogare  prestazioni complesse, con la presenza di strutture  intermedie attive  H24 e di Continuità Assistenziale  ( definite  Grandi) rappresentano le vere e   reali alternative   ai ricoveri inadeguati e assolvono  gli impegni relativi ai programmi  nazionali della cronicità e della  prevenzione; al  contrasto  degli accessi  impropri al pronto soccorso, al governo delle liste d’attesa e all’appropriatezza   

- Una struttura  logistica per divenire effettivamente  punto di riferimento di una comunità di assistiti della medicina generale territoriale non deve superare un bacino di 30.000 abitanti

- Le AFT sono per definizione funzionali e non possono erogare in modo strutturato prestazioni complesse, restano aree territoriali-geografiche organizzative e funzionali della medicina generale. I professionisti mmg  delle AFT,  eventualmente non inseriti per scelta nelle UCCP/Case della Salute,   possono  essere coinvolti in  progetti  integrati ( UCCP/Casa della Salute/AFT) per erogazioni complesse.

- All’interno della organizzazione territoriale della medicina generale non si devono creare differenziazioni professionali o assistenziali  tenendo conto che la soddisfazioni dei bisogni sanitari collegabili alle funzioni della medicina generale   richiedono  sempre ambiti territoriali  contenuti mai superiori ai 30.000 abitanti (  corrispondenti a circa 20 mmg  massimalisti).   Per non creare  differenziazioni professionali e  assistenziali ogni AFT dovrebbe avere una sua UCCP di riferimento.

- I fattori di produzione dell’assistenza non devono essere confusi con i fattori di produzione del reddito o con fattori per lo svolgimento ( o acquisto)  di attività  diagnostiche

- Le società di servizio  o le cooperative  sociali    possono intervenire  a sostegno delle aggregazioni  ( UCCP/Case della Salute/AFT)   per quanto riguarda i fattori di produzione dell’assistenza

- I rappresentanti dei professionisti sono referenti eletti dagli stessi mmg.  Il termine coordinatore  non appartiene all’ambito  della medicina generale territoriale. I referenti  hanno funzioni di servizio e sono unici per  le aggregazioni complesse e per quelle funzionali dello stesso territorio  al fine di favorire l’integrazione tra i mmg dell’UCCP e dell’AFT . I mmg  che svolgono attività di consulenza per le aziende non sono rappresentanti dei mmg ma  fiduciari aziendali. Il mmg fiduciario aziendale che  riveste  cariche sindacali può incorrere in  conflitto di interessi.

- L’inserimento delle nuove generazioni nella medicina generale convenzionata   avviene per graduatoria  regionale. E’ possibile  ipotizzare diverse vie di accesso alla professione   convenzionata rifacendosi sempre alla graduatoria regionale in particolare per le strutture aggregate e in relazione  al massimale  (zone carenti anticipate attivate in tempo reale con sistemi informatici  da mmg ultra sessantacinquenni)

- I debiti formativi possono essere soddisfatti da attività autonome documentate ( attività di team che affrontano temi di appropriatezza, personalizzazione; incontri di briefing;  attività di tutor, attività di referente; partecipazione a tavoli professionali ed organizzativi locali, regionali e nazionali;  attività di coordinamento del volontariato, docenza di vari ordini e gradi, rappresentanza o ruoli istituzionale …)

- Occorre distinguere tra  l’assistenza primaria erogata da una équipe e  il lavoro  in team e/o in squadra. La caratteristica distintiva specifica e qualificante  dell’operabilità della mmg inserita all’interno di una struttura  in grado di erogare prestazioni complesse dovrebbe essere  quella del lavoro in team e/o di squadra e non in équipe. Il lavoro in équipe  si riferisce ad  enti o professionalità diverse  che operano insieme ( in modo coordinato e gerarchico) per affrontare  e risolvere un problema non risolvibile  dai singoli componenti o dalle loro funzioni aziendali di partenza (es.: équipe chirurgica).

Il lavoro in team e/o in squadra   è orientato ad un progetto e risponde nel suo complesso ad un  problema. E’ flessibile e i componenti  cambiano  in relazione alla domanda.  Questo tipo di approccio  rappresenta  una specificità assistenziale  che viene percepita dagli assistiti come personalizzazione della cura:  la collaborazione interna al team tra le diverse professionalità  è in grado di migliorare  i sistemi operativi e le dinamiche collaborative interdisciplinari che possono gestire i cambiamenti, gli apprendimenti, il problem solving e sostenere impegno e motivazione. Il coordinamento non è gerarchico ma  diluito e dettato dalla definizione di norme comuni di servizio ( tempo delle risposte, efficienza, precisione, dedizione , passione …).

ll team multiprofessionale, multidisciplinare e multisettoriale (M&M&M)  risponde alle esigenze della programmazione  assistenziale in quanto attiva il processo della presa in carico degli assistiti occasionali/di opportunità  ma soprattutto  degli assistiti complessi e fragili attivando l’integrazione con  la specialistica, l’infermieristica;   l’integrazione H-T e socio sanitaria,  il coinvolgimento del farmacista/statistico, la collaborazione  con il volontariato,  il terzo settore  e con le nuove professionalità sanitarie. Il team si avvale di incontri estemporanei di  briefing ( incontri brevi, informali, di solito mattutini normalmente  in uso  nelle imprese  che generano prodotti di successo)

- Attività di team e di briefing, di educazione sanitaria,  di testimonianza pedagogica verso i corretti stili di vita  sono valorizzabili

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria ( CSPS)
Sindacato dei Medici Italiani (SMI)
Regione Emilia Romagna 

(Fine seconda parte, leggi la prima parte e la seconda parte dell’articolo)

20 aprile 2018
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Cure primarie

Quale futuro per le cure primarie? (2ª parte)

Articolo a cura di Bruno Agnetti

Pubblicato su Quotidiano Sanità il 18 aprile 2018

Cure primarie

L’attività operativa
del medico di famiglia è rimasta sostanzialmente quella antecedente al 1978
(convenzione, libera professione formale di fatto parasubordinato, rapporto
economico a quota capitaria, organizzazione del proprio ambulatorio) e quelli
che vengono pubblicizzati come cambiamenti rappresentano nella realtà
incrementi progressivi impositivi di obblighi contrattuali spesso di natura
burocratica che hanno in gran parte “impiegatizzato” il lavoro del medico

18 APR - Nonostante il diffuso utilizzo del termine “Clinical Governance” non è sempre agevole comprendere in senso univoco il significato del termine inglese. Anche gli “addetti ai lavori ” divergono in merito all’ esatta interpretazione. Per “Clinical Governance” si intende che... il “governo” (nel senso dell’Amministrazione o dell’Autorità Istituzionale, o dei Capi o dei Governanti, o delle Dirigenze Aziendali) riconosce l’autonomia professionale e il ruolo di dirigenza dei professionisti (e questo vale per tutti i professionisti che operano nell’azienda, qualunque sia la loro disciplina) nella gestione dei servizi, in cambio di una piena assunzione di responsabilità nell’uso delle risorse e nel miglioramento della qualità clinica.
 
Il governo clinico si basa su alcuni principi (valutazione e miglioramento continuo della qualità, autonomia professionale, responsabilità distribuita, rendicontazione e trasparenza, clima organizzativo favorevole, sorveglianza delle condizioni di rischio, monitoraggio delle performance assistenziali, appropriatezza) e su molti strumenti. Esistono comunque nette differenze tra le definizioni istituzionali di governo clinico ( clinical governance) con quello che la letteratura di settore ritiene debba essere considerato un governo clinico affidato effettivamente ai professionisti dell’assistenza territoriale e alle loro integrazioni in team multiprofessionali, multidisciplinari, multisettoriali.

I principi e gli strumenti di un governo clinico affidato effettivamente ai professionisti si discostano dal concetto di clinical governance aziendale in quanto i medici e i professionisti sanitari del territorio sono orientati ad una applicazione delle conoscenze della scienza all’interno di una concezione olistica di salute e di una visione dell’uomo complessa interdipendente secondo un paradigma bio-psico-sociale.

Con l’avvento della cultura manageriale in sanità (legge 502/1992) le logiche aziendali sono state assoggettate a modelli gerarchici monocratici (ampiamente superati da anni nelle imprese private di successo) e hanno ricondotto le categorie aziendali all’interno di una concezione squisitamente giuridica dell’amministrazione con governi (clinici) esercitati da organi apicali nominati dal soggetto politico che non hanno permesso una reale dialettica di rappresentanza degli interessi procurando di fatto una subordinazione della clinica alla gestione.

Le riforme sanitarie attuate dal 1978 ad oggi (833/1978; 502/1992; 229/1999 e la Legge Balduzzi) non sono mai riuscite a creare un prodotto nuovo e di qualità ma sono rimaste inglobate in primis all’interno in un concetto collegato agli interessi e al primato dell’agire amministrativo per poi applicare ai professionisti impegnati in trincea un pensiero sempre un po’ sospettoso e superato di tipo natural-scientifico riduzionista che, inserito nella cultura burocratica-aristocratica, ha mantenuto un modello sostanzialmente ospedalocentrico, specialistico, farmacologico completamente disconnesso dal sistema sociale.

Il salto di qualità ed il prodotto di rottura esige il recupero culturale di una concezione antropologica globale dell’uomo sano e malato contestualizzato nel suo mondo che permette di coniugare il principio del curare, derivante dalla medicina scientifica, con quello del prendersi cura olistico-antropologico-personalizzato.

Prendersi cura significa aiutare l’uomo ammalato ad un empowerment fortemente sostenuto dai sanitari, ove possibile, e incuriosire l’uomo sano ai vari apprendimenti finalizzati al mantenimento dello stato di salute. Il ruolo educativo del medico che opera in un team paritario con altri professionisti della salute acquisisce un ruolo formativo che consente al cittadino di trasformarsi da assistito in soggetto attivo per la gestione della propria salute così che, la condivisione della responsabilità, consente di prendere decisioni all’interno della comunità di appartenenza anche critiche in grado di contrastare effettivamente e produttivamente il tecnicismo estremo, il consumismo sanitario, l’ipermedicalizzazione e la mancanza diffusa del buon senso.

Per questo motivo si avverte in modo pressante la necessità di luoghi dove i professionisti della assistenza territoriale possano ritrovare le radici del loro mestiere (etica, cultura, formazione, deontologia, integrazione ecc.) e al tempo stesso gli assistiti possano diventare protagonisti, con i loro professionisti, dei percorsi preventivi, di educazione sanitaria, di cura, riabilitazione o di recupero delle funzioni residue. Non si tratta di “recinti” o di “ospedaletti” ma di reali strutture (UCCP/Case della Salute) in grado di aggregare per sinergia progetti preventivamente condivisi tra operatori e dove tecnologia e antropologia possano marciare di pari passo per ritrovare il vero senso della clinica e dell’assistenza.

La riforma ter prevede, tra le altre cose, l’aggiornamento obbligatorio (ECM) ma anche in questo caso è necessario un profondo rinnovamento che investa non solo i contenuti ma anche le metodologie che non possono esimersi da una analisi relativa al come si acquisiscono, interpretano e assimilano le informazioni. I professionisti dell’assistenza che operano in team devono poter determinare i propri obiettivi generali e tra questi anche quelli orientati all’ apprendimento. I bisogni informativi non sono uguali per tutti così che deve essere previsto un piano di apprendimento professionale personalizzato che deve essere strutturato in modo autonomo o in team per poter effettivamente produrre cambiamenti positivi nella attività culturale e assistenziale quotidiana.

Oggi la maggior parte delle funzioni assistenziali sono state interamente trasferite al territorio senza che vi sia stata una corrispondenza di investimenti adeguati. A fronte dei profondi mutamenti sociali e sanitari il riordino delle cure primarie è stato semplicemente un fallimento a causa della assenza di interlocutori così che i professionisti della salute non hanno avuto la possibilità di potersi sintonizzare col ritmo dei cambiamenti. Dovrebbe invece essere valorizzata la perizia nella capacità di interpretare la realtà e di immaginare il cambiamento magari partecipando alla sua realizzazione per produrre sevizi che alimentino il bene comune (cultura del progetto, Ezio Manzini, Politiche del quotidiano, Edizioni di Comunità, 2018). Le interminabili latenze che si creano tra una ipotesi progettuale e la sua realizzazione fanno si che eventuali progetti significativi vengano realizzati quando questi sono già ampiamente superati.

L’attività operativa del medico di famiglia è rimasta sostanzialmente quella antecedente al 1978 (convenzione, libera professione formale di fatto parasubordinato, rapporto economico a quota capitaria, organizzazione del proprio ambulatorio) e quelli che vengono pubblicizzati come cambiamenti rappresentano nella realtà incrementi progressivi impositivi di obblighi contrattuali spesso di natura burocratica che hanno in gran parte “impiegatizzato” il lavoro del medico (es.: la compilazione del modulo on line INAIL nella sua laboriosità e ridondanza, dove la componente medico professionale risulta essere residuale è l’emblema di una attività che prima di essere medica va, nella pratica, a sostituire l’attività impiegatizia dei dipendenti INAIL).   

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria ( CSPS)
Sindacato dei Medici Italiani (SMI)
Regione Emilia Romagna 

(Fine seconda parte, leggi la prima parte dell'articolo)

18 aprile 2018
© Riproduzione riservata


Cure primarie

Quale futuro per le cure primarie? (1ª parte)

Articolo a cura di Bruno Agnetti

Pubblicato su Quotidiano Sanità il 17 aprile 2018

Cure primarie

Una volta che l’Acn sarà definitivamente siglato riprenderanno le trattative decentrate che, fatalmente, trascineranno tutte le contraddizioni derivanti dalla mancanza di un vero disegno di riordino delle cure primarie di tipo culturale prima ancora che tecnico-amministrativo. In mancanza di una rielaborazione intellettuale strutturata il sistema tenderà inevitabilmente a conservare lo status quo attraverso modalità e regolamenti tipici della burocrazia lineare, protocollare, amministrata, economicistica.

17 APR - La firma dell’Ipotesi di ACN per la medicina generale avvenuta il 29 marzo 2018 alla Sisac ( Struttura interregionale sanitari convenzionati) ha fatto seguito al così detto Verbale di Preintesa che a sua volta è stato preceduto, nel tempo, da numerose versioni di Atti di Indirizzo. Il 2018 è anche l’ anniversario di quella Riforma Sanitaria che istituì, nel nostro paese, il Ssn 40 anni fa ( legge 833 del 23 dicembre 1978). Non è banale ricordare il 1978 perché, come ha scritto Ilvo Diamanti, le ricorrenze possono servirci per tornare indietro con gli occhi e con la mente oppure, al contrario, per proiettarci in avanti.

Questi suoi primi 40 anni il Ssn li dimostra tutti.

In particolare le rughe sono evidenti nell’organizzazione della medicina generale e dell’assistenza territoriale. Le riforme che si sono succedute negli anni ( 833/1978, 502/1992 e 229/1999 senza dimenticare la Legge Balduzzi del 2012 ) non sono riuscite a incidere in modo significativo sul riordino delle cure primarie tanto che si è costantemente tentato, in modo improvvido, di mettere in atto ulteriori riforme, improbabili ed inattuabili, attraverso gli ACN che per definizione dovrebbero solo regolare i rapporti di lavoro dei professionisti a fronte di una norma sovra ordinata.

Il pallido tentativo proposto nel 2012 dalla legge Balduzzi è ancora li che circola all’interno del suo affastellato Art. 1 come un pezzo di pane raffermo dimenticato nella madia tanto che nemmeno il Patto della Salute del 2014 è riuscito a ravvivarlo. Forse può essere comunque necessario evidenziare che la legge Balduzzi, magnificata a suo tempo da alcuni odierni detrattori, resta una legge che non è stata cancellata o sostituita. L’eventuale mancata osservanza di una certa norma non produce, nell’ordinamento italiano, alcun effetto abrogativo su leggi pubblicate in Gazzetta Ufficiale tanto che i suoi principi restano tutt’ora inseriti in quello che verosimilmente diventerà, entro il 2018, l’ACN.

A partire dall’ACN del 2005 a tutt’oggi gli Accordi continuano ad essere in gran parte sovrapponibili anche se nel frattempo i cambiamenti sociali sono stati vorticosi, fortemente condizionati da una contrazione spazio-temporale globale e da un pensiero unico e debole che ha acuito il conflitto, sempre più insanabile, tra scienza medica collegata agli aspetti operativi /organizzativi ( generati in modo autonomo e spontaneo dai professionisti della sanità grazie alla circolazione dei saperi e degli apprendimenti relativi alle buone pratiche operative) e gestione istituzionale della sanità soprattutto territoriale.

Una volta che l’ACN sarà definitivamente siglato riprenderanno le trattative decentrate che, fatalmente, trascineranno tutte le contraddizioni derivanti dalla mancanza di un vero disegno di riordino delle cure primarie di tipo culturale prima ancora che tecnico-amministrativo. In mancanza di una rielaborazione intellettuale strutturata il sistema tenderà inevitabilmente a conservare lo status quo attraverso modalità e regolamenti tipici della burocrazia lineare, protocollare, amministrata, economicistica basata su relazioni verticali e gerarchie piramidali che, come insegna l’esperienza, spesso sfociano nella sotto cultura dell’ appartenenza e dell’autoreferenzialità.

Tuttavia la congiuntura attuale di cui tanto si parla (“non ci sono i soldi”) non è completamente credibile e non ha motivazioni solo finanziarie. Forse è molto più pervasiva la crisi di fiducia. Nell’immaginario collettivo e in quello del consenso questo disagio coinvolge la così detta classe dirigente del paese considerata non in grado di dare risposte a temi etici di equità e di bene comune a fronte di una progressione inarrestabile della globalizzazione che, per certi aspetti, avrebbe anche potuto produrre opportunità se vi fosse stata una ingegnosa ri-organizzazione della sanità territoriale.

Le istituzioni storicamente preposte al welfare (es.: Pubblica Amministrazione) da sole non riescono più a fare fronte ai bisogni e alle complessità assistenziali attuali così che appare sempre più indispensabile il coinvolgimento delle varie componenti della società civile al fine di rendere sostenibile una assistenza territoriale di qualità. I fautori di questa ipotesi di ri-organizzazione di un Ssn pensano che alla Pubblica Amministrazione debba essere affidata la salvaguardia di valori sociali considerati fondamentali (es.: universalismo, equità, trasmissibilità, integrazione…) mentre la gestione del governo clinico dovrebbe essere consegnata, nel suo complesso, ai professionisti del territorio e alle organizzazioni della società civile che collaborano con loro. Le indispensabili risorse potrebbero derivare da una partnership tra pubblica amministrazione ed economia reale (imprese generative) che interagiscono e co-operano con gli attori, le organizzazioni e le professioni impegnate nell’ assistenza territoriale.

La prossimità periferica, posta al centro delle relazioni, diventa così un concreto strumento per ottimizzare le risorse, la qualità della vita ed il clima di rinnovata fiducia negli accordi e nei patti proprio perché vengono agite forme di scambio e collaborazione che portano a valorizzare la sinergia tra la diversità delle competenze che, oggi, rappresenta il presupposto per permettere alle nostre comunità di affrontare il futuro in modo sostenibile.

La contiguità interna favorisce inoltre azioni di educazione civica, testimonianza e consapevolezza che possono promuovere salute e benessere in modo diffuso e percepito (qualità tacita) e la personalizzazione della cura diventa il criterio principale per valutare una performance assistenziale di successo. In questo disegno i legami sociali, la condivisione delle responsabilità, l’alleanza tra clienti interni ed esterni non solo rendono possibili reali riallocazioni delle risorse ma permettono al mmg di ritrovare il ruolo di leadership nella collettività di riferimento in grado di orientare tutte le collaborazioni operative al fine di conseguire una conduzione responsabile e condivisa del governo clinico.

E’ possibile così realizzare ciò che vien definito un prodotto innovativo di rottura e di successo capace di superare l’attuale modello organizzativo territoriale in declino e non più adeguato al contesto. Un prodotto innovativo di successo implica una completa “gestione” autonoma del governo clinico territoriale con presa in carico dei bisogni dell’assistito (es.: cronicità) all’interno di un sistema integrato che sia abile nel gestire un processo decisionale in tutte le sue fasi tipiche che vanno dall’ideazione alla progettazione, dalla sperimentazione all’organizzazione per finire con la valutazione e la rendicontazione.

Una eventuale organizzazione moderna amalgama le conoscenze professionali, personalizza l’assistenza, gratifica la qualità percepita e tacita, valorizza l’aspetto economico e condivide le responsabilità senza sollecitare gerarchie piramidali. Le risorse aggiuntive provenienti dall’economia reale dimostrano sempre di più una forte disponibilità a collaborare in partnership con le istituzioni (“dall’indagine si conferma un offerta di capitali maggiore della domanda”; Startup sociali, la finanza chiama, Il Sole24Ore Domenicale del 15 Aprile 2018) per rendere concreto e sostenibile un disegno di riordino diretto non tanto al massimo ribasso dei costi ma al maggior rialzo della qualità e della trasparenza (reciprocazione).

Secondo la ricerca della Schcool of Management del Politecnico di Milano (2018) che ha considerato alcuni criteri per valutare la prontezza ad accogliere investimenti veri e propri ha evidenziato come la dimensione che ha ottenuto il risultato peggiore ha riguardato proprio le competenze organizzative inadatte ad una effettiva governance inclusiva delle qualità intellettuali e delle competenze professionali in grado di dare vita a “prodotti” attrattivi. (Fine prima parte)

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria ( CSPS)
Sindacato dei Medici Italiani (SMI)
Regione Emilia Romagna 

17 aprile 2018
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Biotestamento

Biotestamento. I dubbi di un medico di famiglia

Articolo a cura di Bruno Agnetti

Pubblicato su Quotidiano Sanità il 12 aprile 2018

Biotestamento

12 APR - Gentile Direttore,
la Legge del 22 dicembre 2017 n. 219,  comunemente definita DAT o  Biotestamento, non  riguarda il suicidio assistito e non è una modalità per attuare la così detta buona morte. Dopo la pubblicazione  della legge sulla   Gazzetta Ufficiale  sono apparsi  numerosi e prestigiosi  commenti   tra i quali  emergono per  lucida completezza  quelli pubblicati su questo giornale dei medici legali  Daniele Rodriguez e Anna Aprile i quali confermano, per molti aspetti, la  delicatezza   dell’argomento tanto che  potrebbero  essere   stati percepiti nondimeno alcuni punti  di sospensione …

Come  semplice medico di base  che nella quotidianità professionale  si trova da tempo, anche in vacanza legislativa, a  dover  affrontare situazioni molto simili a quelle inserite oggi nella legge,   credo possa essere appropriato  riconoscere che il tema delle Disposizioni Anticipate di Trattamento sia collegato  strettamente  alla filosofia  o alla pragmatica delle Cure Palliativa e alla sua  moderna fondatrice  Cicely Saunders  prima infermiera poi medico e  scrittrice.

Cicely Saunders  ha fondato il primo Hospice in Inghilerrra  nel 1967 (“più che un ospedale è  una casa”)   e ha fondato il così detto movimento hospice-cure palliative  basato  su  4 semplici principi etici di riferimento: Giustizia, Beneficità, Non Maleficità, Autonomia.   Cicely Saunders è morta per cancro nel 2005 nell’ospedale da lei stessa fondato.

Nell’Art. 1  della nuova legge viene affrontato il tema del Consenso Informato  strumento per altro  già applicato nella pratica clinica per  promuovere e valorizzare la relazione di cura.  Spesso, nei vari commi,    si sottolinea il fatto che le indicazioni  dell’assistito ( DAT)  dovranno anche  essere registrate nella cartella clinica e   nel fascicolo elettronico.

Le volontà  potranno essere acquisite nei modi e con gli strumenti più consoni  come a sostenere che deve essere  facilitata e semplificata ogni modalità di espressione e comunicazione di questi desideri personali ed intimi.

La problematica e la necessità di poter esprimere  “volonta’ anticipate” è avvertita  da tempo tra alcune tipologie di assistiti  e prima ancora  della promulgazione della legge  i pazienti avevano scelto la modalità di   presentare o di compilare insieme   al loro medico  di base,  che per definizione è scelto liberamente come medico di fiducia,  uno  scritto di pugno  su carta semplice che veniva affidato al medico  di famiglia  considerato come espressione  anche istituzionale  di  un rapporto fiduciario assoluto  tale da potergli confidare   volontà  estremamente  private.

La busta chiusa e firmata nelle linee di apertura dal soggetto proponente e dal medico veniva depositata, di comune accordo, in un posto  sicuro. La legge   ora riconferma che   le disposizioni  dell’assistito  devono essere  rispettate senza che il medico  possa in qualche modo  incorrere in responsabilità  civili o penali anche se viene riconosciuto  in ogni caso il rispetto della deontologia professionale del medico stesso nel senso che  non può essere chiesto al medico qualsiasi cosa.

Merita particolare evidenza l’affermazione  relativa al fatto che   il  tempo che  il medico  dedica ad una adeguata comunicazione su questi contenuti viene considerato tempo medico/atto medico (Art. 35 del Codice Deontologico  Medico 2014).

In effetti il Codice Deontologico è stato anticipatore  e premonitore  della attuale normative (Art. 35 Consenso e dissenso informato; Art. 36 Assistenza di urgenza e di emergenza; Art. 37 Consenso o dissenso del rappresentante legale; Art. 38 Dichiarazioni anticipate di trattamento;Art. 39 Assistenza  al paziente con prognosi infusta o con  definitiva compromissione dello stato di coscienza)  quando nei suoi articoli  considera il medico autorevole responsabile della cura e del progetto di cura condiviso con il paziente.

Di conseguenza  una  “ normazione” dei principi deontologici  e dell’alleanza terapeutica comporta  inevitabilmente  una ulteriore  burocratizzazione  dell’atto medico  e tende  a coinvolgere  altri co-attori  che forse, ad esempio sul territorio,  potrebbero non esserci.

Si tende inoltre, a volte,  anche  ex cathedra,   a sovrapporre  il Fascicolo Sanitario Elettronico, la Cartella Sanitaria e il  Patient  Summary    che  sono  strumenti elettronici con finalità e funzioni specifiche ma non sovrapponibili.

Permane  poi nel testo legislativo una certa insicurezza  riguardo al  ruolo del medico di base (di fiducia)  che non viene esplicitamente  previsto anche se non risulta palesemente escluso (secondo alcuni colleghi  Medici Legali è comunque compreso per estensione del termine medico)  così che nella  attuale  fattispecie  l’assistito potrebbe depositare un atto (DAT)  senza che il medico di famiglia possa esserne informato pur essendo, per esempio,  teoricamente in primis  il palliativista di riferimento per il proprio assistito soprattutto in caso di una assistenza domiciliare.

E’ prevedibile che da questo punto di vista  le normative regionali provvederanno a sanare questa problematicità. Alcune associazioni o enti hanno già predisposto moduli  o schemi che comportano  comunque  un certo aumento di procedure burocratiche anche se gratuite  che  si distaccano dalle pregresse  semplicissime abitudini “fiduciarie”  attuate da alcuni assistititi   che si relazionavano , su questo tema, solo con il proprio medico curante di fiducia.

La Legge affronta (art. 2) inoltre  in modo specifico il tema della terapia del dolore e delle cure palliative  rifacendosi per altro alla legge  15 marzo 2010, n.38.   Così come argomenta  con scrupolosità (Art. 4) e  con la necessaria prudenza   in merito  al comportamento da attuare  in presenza di minori o incapaci. Sono poi   affrontate le modalità operative (Art. 5)  per esprimere  le Disposizioni Anticipate di Trattamento  che   ora, con la  legge in vigore,  vengono redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o consegnate  personalmente all’Ufficio dello Stato Civile del Comune di residenza anche attraverso strumenti  o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di esprimere compiutamente le proprie volontà.

Come già ricordato il sistema fatalmente,  ogni volta che  una disposizione di legge deve affrontare un tema di natura  etica,  ha aumentato alcuni elementi o passaggi burocratici  che sembrano  influire  sull’autorevolezza del medico attore principale e insostituibile dell’atto medico già  regolamentato da tempo  dal proprio Codice Deontologico che, nel pieno rispetto delle volontà dell’assistito,  non può essere considerato uno dei componenti dell’ équipe  ma  depositario naturale  delle scelte dell’assistito  e colui che le può orientare.

La legge potrebbe quindi apparire come  un irrigidimento di una relazione  fondamentalmente   di affidamento  scarsamente dimensionabile se non al momento  della manifestazione della  scelta fiduciaria  anche se  vi è la possibilità   che ogni determinazione    dell’assistito resti  rinnovabile, modificabile o revocabile in qualsiasi momento e con modalità adeguate ad ogni contesto.

In osservanza alla normativa  il Ministero della Salute, le Regioni e le Aziende Sanitarie provvederanno  a diffondere  adeguata  informativa sul come redigere le DAT.  Il tema della Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC)  rappresenta una ulteriore  declinazione  delle Disposizioni Anticipate di Trattamento riferite  specificatamente  al processo di cure  che l’assistito o il paziente deve affrontare e anche in questo caso  si elencano  le modalità di espressione di questo parere che sono sovrapponibili a quelle già ricordate per le DAT .

Infine  si vincola il Ministro della salute  a   relazionare annualmente alle  Camere   sull’andamento  dell’applicazione della legge.

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria Regione Emilia-Romagna
Sindacato dei Medici Italiani ( SMI)

12 aprile 2018
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