Articolo a cura di Maurizio Andreolli, Bruno Agnetti, Ernesto Mola
(Centro studi Smi – Sindacato medici italiani)
Pubblicato su Sanità 24 – Il Sole 24 Ore il 30 giugno 2016
La nuova “trovata” è l’assistenza medica h16. Ma possono l’atto di indirizzo prima, e l’Accordo di lavoro-Acn che ne consegue, contraddire il Patto per la Salute e la “Balduzzi”, che prevedono chiaramente un’assistenza territoriale H24, distinguendo tra 118 e guardia medica? Crediamo di no: la convenzione della medicina generale non può dettare norme in contrasto con la legislazione vigente. Le Aft partono così col piede sbagliato. Esse rappresentano, nei fatti, la generalizzazione obbligatoria dell’associazione monoprofessionale tra medici di medicina generale, più volte criticata per la sua inconsistenza, buttando alle ortiche la medicina di gruppo, che ha rappresentato fino a ora l’unica forma di aggregazione che ha funzionato.
Teoricamente la Aft potrebbe essere formata da medici che lavorano da soli, che si raccordano funzionalmente per garantire l’H16, per cui un cittadino, per poter ottenere assistenza in mancanza del proprio medico di famiglia, dovrebbe fare lo slalom tra più ambulatori per trovare quello disponibile. Il referente dell’Aft sarà remunerato attingendo a uno dei Fondi già in essere, determinando così per contratto una riduzione, anche se modesta, della retribuzione contrattuale. Il Fondo per gli accordi regionali (che ammonta attualmente a circa 40 milioni di euro) sarà infatti quasi completamente assorbito da questa voce. Una smaccata riallocazione di risorse in favore di pochi. Ma non è l’unica criticità sul piano retributivo. Mentre la quota capitaria rimane tristemente invariata rispetto al 2010 (e che rinnovo contrattuale è, senza un minimo incremento retributivo!), nella quota variabile delle Aft confluiscono tutti gli incentivi previsti per associazioni e personale di studio previsti dall’Acn 2005.
Queste risorse dovranno essere ripartite tra tutti i medici di medicina generale, dato che la partecipazione alle Aft è obbligatoria, mentre prima erano attribuite a coloro che garantivano più avanzati livelli assistenziali. Se la matematica non è un’opinione, se recupero risorse dal 50% dei medici che godevano delle indennità aggiuntive per ridistribuirle al 100%, per forza di cose la quota che ciascuno potrà ricevere si riduce alla metà.
È vero, c’è la norma che salvaguarda le retribuzioni attuali, che saranno dunque “cristallizzate” in un nuovo assegno ad personam, che non potrà però più incrementarsi né contrattualmente né per un eventuale aumento delle scelte. In pratica si sta programmando nel tempo, con il pensionamento dei medici più anziani, una rilevante contrazione della retribuzione contrattuale dei medici di medicina generale.
I nuovi assegni ad personam inoltre assorbiranno tutte le risorse che dovrebbero concorrere al fondo per le Aft che quindi come potrà essere finanziato? Le uniche risorse disponibili provengono dalla contrazione del numero di occupati in continuità assistenziale. Se i turni si riducono di circa 2/3, dato che i turni notturni copriranno dalle 20 alle 24 invece che dalle 20 alle 8 del mattino, avremo nel tempo un ridimensionamento di pari misura delle piante organiche a rapporto orario e nell’immediato il mancato rinnovo degli incarichi a tempo determinato. Nel contempo i cittadini subiranno la scomparsa dell’assistenza medica notturna e il Ssn l’intasamento delle chiamate al 118 e dei pronto soccorso ospedalieri. Il ruolo unico dei medici delle cure primarie, che dovrebbe essere inteso come inserimento a tempo pieno nella medicina generale, è stato ridimensionato a incarico di 24 ore, con le quali dovranno essere garantiti i turni serali e festivi e i “buchi” negli orari di apertura degli studi medici in modo da garantire la assistenza nell’intera giornata.
Le Uccp, poi, sono le grandi assenti in questa convenzione. Vengono genericamente definite “forme organizzative complesse” multi professionali (quindi con specialisti di varie discipline e altro personale), con sede di riferimento all’interno di strutture pubbliche individuate dalla Regione, e alle cui attività “partecipano” obbligatoriamente, non è ben chiaro come, i medici di delle cure primarie. L’articolo 7 dice poco sulle Uccp e glissa del tutto su organizzazione e finanziamenti di tali strutture, demandati quindi per intero alle Regioni. Ciò approfondirà il solco esistente tra i diversi Ssr. Ci sono poi altri aspetti criticabili: le tutele, gravemente carenti, se non peggiorative rispetto al precedente Acn (gravidanza ecc.), ma anche la formazione obbligatoria, i provvedimenti disciplinari, le regole della contrattazione e della rappresentanza.
Questa “bozza di Acn” è disarmante: la rifondazione delle cure primarie non è nemmeno accennata, riducendosi alla previsione di Associazioni funzionali territoriali che si riducono solo a un vuoto coordina- mento mono professionale. Ci auguriamo che si tratti solo di una ipotesi di massima, buttata lì per saggiare le reazioni, perché è evidente che non si prefigura nessun miglioramento dell’offerta assistenziale ai cittadini.
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