Eutanasia, referendum e legislazione. Fondamentale il rapporto medico-paziente

(Argomenti, Gazzetta di Parma, Domenica 4 Luglio 2021)

Riprende la raccolta firme al fine di indire un referendum per rendere  completamente legale o depenalizzata l'eutanasia. Ci si trova tuttavia ancora in piena pandemia ed è tutt’ora bruciante il disastro bellico subito e la mancata elaborazione di una infinità di addii.
Le coscienze sono ancora scosse.

Dal punto di vista normativo la raccolta firme si inserisce nel tema dei diritti civili che coinvolgono profondamente l’etica di ognuno di noi. Qualsiasi sarà il risultato di questa azione se alla raccolta firme seguirà un referendum e poi una legge gli organizzatori saranno certi di aver arricchito la vita sociale di un diritto in più. Coloro che non condividono questo diritto  considereranno di essere stati espropriati di alcune certezze in merito al mistero che avvolge nonostante tutto alcuni aspetti della nostra vita umana.  Forse non c’è tema sui diritti civili effettivamente esigibili più divisivo di questo. Sorge spontanea una domanda: "Quante DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento)  sono state formalmente depositate  negli uffici di competenza dopo l’approvazione della legge del 2017?".  Forse la nostra società, dopo la terribile esperienza del covid, meriterebbe probabilmente  una grande stagione di pacificazione che potrebbe favorire  il pieno utilizzo delle risorse messe a  disposizione per la ripresa che dovrebbero corrisponde a tre volte quello dello storico piano Marshall.

A fronte di un sereno rapporto con il mistero «sora nostra morte corporale»  indicato dai  mistici l’eutanasia resta tuttavia un diritto molto difficile da reggere. L’atto eutanasico non ha orizzonti.  Solo il nulla. Il nulla è il nulla.

Lo stesso Dio biblico che mette alla prova il suo fedele
favorito ad un certo punto ferma la mano di Abramo. Ma nulla può fermare il
nulla. 

In Canada l’eutanasia è stata legalizzata da poco e già nella letteratura medica (mercatornet) si può leggere che questa pratica ha comportato un significativo risparmio per le casse dello stato tanto che si ipotizza che, se in Canada l’eutanasia si diffondesse ai livelli di Belgio e Olanda, il SSN risparmierebbe fino a 139 milioni di dollari all’anno dovendo curare 8.000 pazienti in meno (in assenza di un adeguato sistema di cure palliative).

In Belgio i minorenni possono accedere all’eutanasia. Non ha
importanza il parere dei genitori. Sono gli esperti e i magistrati a decidere.

Siamo proprio sicuri che in questo campo, tutt’oggi
misterioso come è la morte, si possa ottenere giustizia, equità, imparzialità
da un sistema legislativo/giudiziario?

Lo stesso Bauman considera l’eutanasia un prodotto del
disagio arrogante della post modernità occidentale che nel tentativo di
sopprimere o nascondere la morte cerca di padroneggiarla. Invano.

Cosa si intende per eutanasia (dolce morte)?

C’è l’EUTANASIA PASSIVA che consiste nella sospensione delle
cure necessarie per sopravvivere. Questa pratica è tutelata dal punto di vista
normativo dalla Costituzione e dalla Legge del 2017 (che considera come terapie
oggetto di possibile rifiuto anche l’idratazione e la nutrizione).

C’è la così detta EUTANASIA ATTIVA che consiste in un intervento
medico di somministrazione di un farmaco letale ad un “paziente”che
ne faccia richiesta. Questa pratica è vietata dal Codice Penale.  C’è una
azione molto vicina all’EUTANASIA ATTIVA che è il SUICIDIO MEDICALMENTE
ASSISTITO dove i sanitari mettono a disposizione del “paziente”gli strumenti
per togliersi la vita ed è quindi il “paziente” stesso che compie l’ultimo
gesto.  Da questo punto di vista la sentenza della Corte Costituzionale
del 2019, nota come sentenza Cappato, ha di fatto legalizzato il SUICIDIO
MEDICALMENTE ASSISTITO tanto che proprio in questo mese di giugno è stata
applicata  ad un “paziente” che ne ha fatto richiesta ad  Ancona. La
sentenza della Corte Costituzionale quindi depenalizza il SUICIDIO MEDICALMENTE
ASSISTITO fatto salvo 4 condizioni:

  • La capacità del paziente di intendere e volere
  • La presenza di una patologia irreversibile (epistemologicamente  questo tema resta irrisolto se si pensa alla questione biologica dell’anabolismo e del catabolismo cellulare continuo attivo già dal primo minuto di vita che ricerca vanamente un equilibrio stabile tra  entropia (disordine) ed entalpia (stabilità) nei sistemi  biologici
  • La presenza di una grave sofferenza fisica o psichica (è evidente come questo termine resti molto soggettivo e contestuale)
  • La sopravvivenza è garantita da trattamenti a sostegno delle funzioni vitali

Secondo gli organizzatori il referendum viene richiesto proprio perché questa sentenza  e soprattutto il 4 criterio escluderebbe  alcuni “pazienti”, che non usufruendo  di trattamenti di sostegno delle funzioni vitali,  dalla possibilità di richiedere il SUICIDIO MEDICALMENTE ASSISTITO perché   questa azione in questo momento non assolverebbe al 4 criterio già ricordato e comporterebbe  quindi  reato  di omicidio  del consenziente  o istigazione o aiuto al suicidio  puniti dall’art. 579 e 580 del Codice Penale.

La raccolta firme per poter indire il referendum si propone
quindi di depenalizzare completamente il SUICIDIO MEDICALMENTE 
ASSISTITO  indipendentemente dai 4 criteri  richiesti dalla Sentenza 
della  Corte Costituzionale  istituendo cosi l’EUTANASIA ATTIVA 
non punibile come  omicidio  con l’eccezione dei seguenti 3 criteri:

  • Persone minori di 18 anni
  • Persone inferme di mente o che abusano di sostanze psicotrope
  • Persone il cui consenso sia stato estorto con violenza o minaccia o suggestione o carpito con l’inganno (siti internet). Il consenso come è noto prevede il ricorso al consenso informato e/o all’utilizzo del TESTAMENTO BIOLOGICO meglio conosciuto come DAT Disposizioni Anticipate di Trattamento.

Questo ultimo elenco di criteri di “esclusione”
inevitabilmente porta a riflettere sui giovani e sul disagio che spesso
colpisce quell’età che va dai 10 ai 19 anni e che l’OMS definisce adolescenza.

La libertà di decidere per il proprio fine vita, soprattutto
in età giovanile ed adolescenziale, sconfina in un’area immensa, difficilissima
e in parte sconosciuta che coinvolge  l’ambito  generalmente 
indicato come il dolore psichico.

Come la clinica è in grado di poter intervenire sul dolore e
sul prendersi cura del fine vita con le cure palliative così è in grado di
farsi carico del disagio adolescenziale che è una condizione potenzialmente
mutevole. Ciò che serve quindi davvero sono strutture adeguate che siano in
grado di fornire risposte concrete.

Quando un adolescente manifesta il desiderio di morire
postando ad esempio questo pensiero su una chat occorre intervenire
immediatamente ( molti ricordano il fenomeno della blue Whale che per qualche
tempo, dai social, istruiva i giovanissimi a raggiungere il suicidio 
attraverso un percorso di sfide  autolesionistiche attraverso una
desacralizzazione dell’esistenza ed una spettacolarizzazione della morte).

E’ immaginabile cosa significhi in risorse umane e materiali
organizzare reali prese in carico di queste persone per non favorire la morte
ma per guarire dal desiderio di morte a causa del sentimento di angoscia o
panico che pervade le loro menti.

Desta non poca meraviglia l’utilizzo che  viene fatto nei testi  che trattano di eutanasia del termine “paziente”.  Dopo anni  di secolarizzazione e  relativismo dove sono stati proposti molti termini per “significare” il rapporto  che si instaura tra la persona  che si rivolge al medico e il professionista  stesso: soggetto, assistito, utente, cittadino, fruitore, cliente …  improvvisamente ritorna il termine “paziente”. E noto che il rapporto medico-paziente è di tipo fiduciario, autonomo ed è questa dote che guida a volte per una  intera vita  questa particolare  relazione  anche nelle scelte e nelle decisioni terapeutiche. L’eutanasia invece esige un rapporto legale/normativo che richiede una istanza ed una risposta che alla fine è tecnicistica. Si annulla la relazione per l’invasione di campo burocratica. Da questo punto di vista il termine “paziente” pare non essere completamente adeguato ad una trattazione relativa all’eutanasia.